La Repubblica Centrafricana sta affrontando una crisi umanitaria senza precedenti, determinata dal conflitto civile scatenato dal colpo di stato del 2013, che ha rovesciato il governo del presidente Bozizé, in carica dal 2003, dando origine ad una situazione di profonda instabilità causata dalla violenza indiscriminata contro la popolazione ed esercitata da i due principali gruppi armati:
a) il gruppo Seleka – coalizione di religione musulmana proveniente dal nord del un paese e composta non solo da centrafricani ma anche da mercenari sudanesi e ciadiani
b) il gruppo Antibalaka, formato da popolazioni animiste e cristiane.
A seguito del rovesciamento del governo Bozizè e degli attacchi da parte dei Seleka, la vendetta dei cristiani Antibalaka ha provocato atti di violenza sempre più frequenti.
Gli scontri hanno causato migliaia di morti e l’esodo di oltre 1 milione di centrafricani, su un totale di 4,6 milioni di abitanti, che vivono attualmente in condizioni di estrema povertà in campi di rifugiati o profughi (circa 750.000 vivono in campi di sfollati nel Paese, di cui quasi 100.000 a Bangui, mentre più di 500. 000 persone si sono rifugiate negli Stati confinanti – principalmente in Camerun).
La RCA ha beneficiato di un aiuto pubblico allo sviluppo (APS) pari a circa 208 milioni di dollari americani annui fino al 2013, anno in cui il finanziamento, nonché il supporto della comunità internazionale, è notevolmente cresciuto fino a raggiungere 1,7 miliardi di dollari americani nel 2016.
La maggior parte degli aiuti internazionali sono stati associati alle operazioni militari per il mantenimento della pace, quali la missione internazionale MINUSCA, il contingente militare francese Sangaris e le missioni militari europee Eufor, poi Eumam ed in ultimo l’Eutm, costate rispettivamente 800, 300 e 50 milioni di dollari per anno, triplicando l’APS passato da 208 milioni circa a 600 milioni in media, di cui circa 450 per aiuti umanitari.
Nel 2018 con i 2 miliardi di finanziamenti promessi per il triennio 2017-2019 nel “Plan de relevement et consolidation de la paix en Republique Centrafricaine” (RCPCA), presentato a Bruxelles alla Conferenza dei donatori tenutasi in data 17 novembre 2016 ed i 515,6 milioni del “Plan de reponse humanitaire” delle Nazioni Unite, presentato nel gennaio 2018 a Bangui, il finanziamento internazionale oltrepasserà il PIL della RCA.
L’Italia che ha partecipato alla Conferenza con il suo Vice Ministro per la Cooperazione internazionale Mario Giro, ha offerto 5 milioni di euro /annui per un totale di 15 milioni nel triennio 2017-2019, aumentando il suo impegno finanziario annuo, già in corso dal 2014, e confermando il grande impegno dell’Italia nei confronti del Centrafrica, non ancora paese prioritario.
La crisi scoppiata nel 2013 e che continua tutt’oggi ha avuto e continua ad avere un impatto devastante sull’economia nazionale decretando la totale dipendenza dai mercati stranieri, in particolare quello Camerunense, per l’approvvigionamento anche dei beni primari rendendo così la popolazione estremamente dipendente dagli aiuti internazionali.
La RCA continua nella sua crisi pluriennale ed è quindi necessario insistere per trovare una soluzione d’urgenza al problema del conflitto e dell’insicurezza oramai generalizzata.
I ripetuti tentativi di dialogo ed incontro ai fini del disarmo delle varie milizie, da parte dello stesso presidente Touadera (in carica dal 30 marzo 2016) e del Rappresentante speciale per la RCA delle Nazioni Unite, nonché capo della MINUSCA, che più volte si sono recati nelle aree teatro dei sanguinosi scontri, convocando anche riunioni con i capi dei principali gruppi armati, non hanno per ora dato l’esito sperato, ovvero l’avvio alla riconciliazione nazionale.
Non ha dato nessun risultato neppure la mediazione guidata dal Rappresentante Speciale dell’Unione Africana per la Repubblica Centrafricana, nonché capo missione dell’Unione Africana per l’Africa Centrale, volta alla realizzazione di un accordo di pace tra il Governo e l’insieme dei gruppi armati (iniziativa presa in ambito del summit straordinario della CEEAC dell’Africa Centrale e di quello dell’Unione Africana, tenutosi ad Addis Abeba il 30 e 31 gennaio 2017), né, ad oggi il successivo accordo politico promosso dalla Comunità di Sant’ Egidio e firmato a Roma il 19 giugno tra i principali rappresentanti delle istituzioni politiche della RCA ed i 14 gruppi armati.
Dal 24 al 27 ottobre 2017 il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres ha visitato la Repubblica Centrafricana dando seguito alla visita del suo consigliere speciale per la prevenzione del genocidio, Adama Dieng, che, al termine di un sopralluogo in alcune zone devastate dalla guerra, aveva rilasciato una dichiarazione shock in cui faceva riferimento a segnali di genocidio evidenti.
In effetti le Nazioni Unite nell’ultimo report riferiscono di un numero crescente di uccisioni nel Paese e di un flusso continuo di sfollati costretti a lasciare le proprie case a causa del conflitto, definendo la Repubblica Centrafricana come un mattatoio a cielo aperto dove gli appelli delle organizzazioni umanitarie sono ormai urla disperate che riecheggiano nel vuoto.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, durante la sua visita in RCA, in un messaggio indirizzato alla popolazione ha affrontato la questione della necessità di un potenziamento imminente della missione delle Nazioni Unite (MINUSCA) con 900 caschi blu supplementari. Ha inoltre parlato di altre misure necessarie per stabilizzare il Paese, quali la restaurazione dell’autorità dello stato e della sicurezza che permetteranno le operazioni delle numerose organizzazioni umanitarie volte all’assistenza della popolazione. In effetti il ritorno alla normalità passa inevitabilmente attraverso il rafforzamento delle capacità delle forze armate centrafricane (FACA), la riorganizzazione delle prefetture (ad oggi 13 delle 16 prefetture sono in mano ai gruppi armati) ed il sostegno alla coesione sociale. Solo se si riuscirà a intervenire secondo queste linee direttrici, gli sfollati interni (ad oggi circa 750.000) potranno ritornare a vivere in pace.
I principali settori d’intervento sono: Genere; Protezione-Appoggio ai rifugiati e agli sfollati interni; Salute; Sicurezza alimentare e Agricoltura; Rilancio delle attività economiche;Riconciliazione; Appoggio alle capacità delle strutture amministrative locali; Infrastrutture urbane; Appoggio alle strutture economiche e sociali; Gestione sostenibile delle risorse naturali; Educazione
A fronte di questa situazione, la Cooperazione Italiana ha avviato l’iniziativa di Emergenza “Iniziativa di emergenza a sostegno del sistema sanitario, dell’agricoltura e sicurezza alimentare e dell’educazione della popolazione vulnerabile” AID 10894, approvato con delibera V.M n. 1872 del 30.09. 2016, per un importo di 2 milioni di Euro ed in corso di realizzazione.
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I progetti sono stati affidati – per bando – alle seguenti ONG:
- COOPI per attività progettuali nel settore Agricoltura e Sicurezza alimentare;
- EMERGENCY e SALUTE E SVILUPPO ed all’ Ufficio di Bangui (gestione diretta) per attività progettuali nel settore Salute;
- INTERSOS er attività progettuali nel settore Protezione sfollati e ritornati;
- Nel settore Educazione, le attività proposte, saranno realizzate attraverso la gestione diretta.
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